Trattamento farmacologico dell’obesità

Alla base delle modificazioni del peso corporeo vi è una complessa interazione tra sistema nervoso, sistema gastrointestinale, sistema endocrino e tessuto adiposo.

Alcune molecole sono in grado di condizionare i processi che riguardano l'assunzione di cibo, i segnali di fame e sazietà, il metabolismo del tessuto adiposo e di influenzare alcuni processi ormonali che regolano il metabolismo dei nutrienti.

Farmaci inizialmente studiati per la cura del diabete sono risultati sicuri ed efficaci nel trattamento dell'obesità in relazione alla loro capacità di ridurre il peso, indipendentemente dalla presenza o meno di elevati livelli glicemici. I più innovativi sono attualmente rappresentati dalla semaglutide e dalla tirzepatide, che mimano l'azione degli ormoni incretinici.

Gli ormoni incretinici

La famiglia degli ormoni incretinici comprende il GLP-1 (peptide 1 glucagone simile) e il GIP (polipeptide insulinotropico glucosio-dipendente). 

Il GLP-1 viene prodotto dalle cellule del cervello e dell’intestino quando un individuo assume del cibo. Quando il GLP-1 si lega al suo recettore, stimola il rilascio di insulina e inibisce il rilascio di glucagone da parte del pancreas. Tutto ciò si traduce in una diminuzione della glicemia. Inoltre, i recettori del GLP-1 sono presenti anche in aree del cervello coinvolte nel comportamento alimentare e nella fame, e in vari tessuti dell’organismo. Ciò spiega come mai il GLP-1, oltre a favorire l’abbassamento della glicemia, sia coinvolto:

    • nell’aumento della sensazione di pienezza e sazietà,
    • nella riduzione della fame,
    • nella riduzione dell’assunzione di cibo.

Altre funzioni del GLP-1 includono l’aumento dell’assorbimento di glucosio nei muscoli, la diminuzione della produzione di glucosio nel fegato, la cardioprotezione, l’azione antinfiammatoria e la neuroprotezione, con implicazioni per l’apprendimento e la memoria, il comportamento di ricompensa e l’appetibilità.

Il GIP oltre ad un ruolo nel controllo glicemico, agisce nel tessuto adiposo modulando il metabolismo lipidico e migliorando la sensibilità all'insulina. La presenza di recettori del GIP a livello del sistema nervoso centrale, suggeriscono un ruolo nella regolazione del peso corporeo attraverso una azione sui centri di controllo dell'appetito.

La semaglutide

La semaglutide, attraverso i recettori del GLP-1 presenti a livello intestinale, favorisce la secrezione di insulina, riduce quella di glucagone e rallenta lo svotamento gastrico, aumentando il senso di sazietà. Interagendo inoltre con specifici recettori cerebrali responsabili del controllo dell’appetito induce una sensazione di sazietà, riduce la percezione della fame e diminuisce il desiderio di assumere cibo.

L’effetto principale di questo meccanismo è una riduzione spontanea dell’apporto calorico. I pazienti che assumono semaglutide tendono a consumare meno cibo senza la necessità di uno sforzo cosciente, portando nel tempo a una diminuzione del peso corporeo.

E' stata anche riportato una riduzione del rischio cardiovascolare

Se utilizzato insieme a dieta, attività fisica e supporto comportamentale, i pazienti trattati con semaglutide alle dosi utilizzate per il trattamento dell'obesità possono ottenere una riduzione del peso corporeo fino al 15% dopo un anno.

La dose raccomandata, somministrata con iniezione sottocute, è pari a 2,4 mg una volta alla settimana, ma il trattamento inizierà con una dose bassa, che sarà aumentata gradualmente nell’arco di 16 settimane di trattamento. 

La tirzepatide

La tirzepatide agisce sia sui recettori GLP-1 sia sui recettori GIP.  

E' indicata in aggiunta a una dieta povera di calorie e ad un aumento dell’attività fisica per la riduzione e il mantenimento del peso corporeo in pazienti adulti obesi (con un indice di massa corporea iniziale ≥30 kg/m2), o in pazienti con BMI  ≥ 27 kg/m2 in presenza di almeno una comorbidità correlata al peso (ipertensione, dislipidemia, apnea ostruttiva nel sonno, malattia cardiovascolare, prediabete o diabete mellito di tipo 2).

L'impiego del farmaco per 72 settimane ha consentito di ottenere un calo ponderale medio del 22,5%.

La dose iniziale di tirzepatide è 2,5 mg una volta a settimana. Dopo 4 settimane, la dose deve essere aumentata a 5 mg una volta a settimana. E' possibile aumentare la dose con incrementi di 2,5 mg dopo un minimo di 4 settimane con la dose in uso: le dosi di mantenimento raccomandate sono 5 mg, 10 mg e 15 mg. La dose massima è 15 mg una volta a settimana.

Tirzepatide può causare effetti collaterali come nausea, diarrea, vomito, costipazione, disturbi e dolori addominali

Referenze bibliografiche:
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Data ultimo aggiornamento: 6 ottobre 2024